Passo Nota nella Storia: dalla Serenissima alla Grande Guerra via di comunicazione e di sbarramento
Presidio conteso coi trentini, via di scambio e contrabbando tra Ledro e Garda, confine con l'Impero Austro
Ungarico fino ai combattimenti della Grande Guerra
[Estratto delle notizie storiche riportate nella guida alla visita]
Pur circondato da creste rocciose ripide ed elevate (poco meno di 2000 metri) il Passo Nota è costituito da un
ampio declivio erboso; lo raggiungeva "una strada buona da carri" già prima nel '400 dalla Val di Ledro, che
scendeva verso la riviera gardesana attraverso la Valle di Bondo. Costituiva in pratica l'unico valico agevole tra
Ledro e Giudicarie e la valle del Garda.
Veicolava naturalmente il traffico di merci e forza lavoro tra le due vallate, da sempre appartenenti a potenze
diverse e contrapposte.
Valicato da Niccolò Piccinino diretto all'assedio di Brescia nel 1438, lo troviamo nelle relazioni dei
funzionari Veneziani del '600 che ne progettavano la difesa contro eventuali penetrazioni dal Trentino, delineando
crietri di occupazione che sarebbero stati ricalcati e potenziati durante la Prima Guerra Mondiale: veniva già
allora riconosciuto il ruolo determinante di un presidio sul Monte Corno che avrebbe consentito il controllo del
passo con effettivi meno ingenti di quelli necessari per una difesa diretta sul valico.
Caduta la presa della Serenissima, il Passo potè essere attraversato in entrambe le direzioni da eserciti e
sbandati, invasori e fuggiaschi; nel 1703 fu teatro dello scontro, commemorato dalla bandiera metallica oggi
presente, in cui gli Shutzen fermarono le truppe Francesi dirette a nord.
Tra gli illustri che lo percorsero, il Generale Vendome; con le guerre di Indipendenza iniziò a essere
interessato dai flussi di reparti imperiali diretti a contrastarla e di garibaldini diretti in val di Ledro durante
le campagne trentine culminate con la battaglia di Bezzecca: sarà ferito qui Carlo Pisacane.
Consolidato il confine italo
Austriaco, vi furono realizzate a breve distanza le due caserme delle rispettive Guardie di Finanza, quella
italiana oggi sede del Rifugio degli Alpini, dislocate per contrastare il flusso del contrabbando lungo i
numerosi sentieri e il passaggio di numerosi strani turisti che raccoglievano informazioni sull'opposto
schieramento, benchè Italia e Austria fossero legate da un trattato di mutua difesa sulla fedeltà
italiana al quale gli Austriaci furono sempre dubbiosi.
Scoppiata la Guerra nel 1914, i maschi abili alla leva della val di Ledro vennero arruolati e inviati sul fronte
orientale, lasciando a presidio principalmente truppe territoriali. Verso la fine del 1915 alcuni, abili
fabbricanti di chiodi per scarponi (ciodaroi, fabrricanti di "broche"), prodotto considerato strategico la cui
produzione era concentrata in val di Ledro, furono ritirati dal fronte e concentrati a Viehofen in una
fabbrica che serviva le forniture militari.
Il grosso della popolazione fu invece evacuato e trasferito in Boemia, spesso in condizioni di sostanziale
detenzione anche a causa di sospetti di simpatie filoitaliane: centinaia di famiglie trascorsero il resto della
guerra in grandi campi, tra cui Mittendorf e Katzenau, oppure alloggiati e impiegati nelle fattorie boeme.
Con l'entrata in guerra italiana nel 1915, le linee imperiali, costrette alla difensiva dal soverchiantre
impegno sul fronte Russo, furono arretrate sul versante settentrionale della val di Ledro, per operare un
accorciamento di fronte e avvalersi della piazzaforte blindata di Riva e delle creste dominanti su cui erano state
realizzate le prime linee difensive.
Gli italiani incalzarono solo cautamente il ripiegamento austriaco, avanzando lentamente verso il fondovalle di
Ledro e impiegando diversi mesi prima di sloggiare gli ultimi capisaldi austriaci dal versante meridionale,
occupando successivamente alcune intenibili posizioni su quello settentrionale. Notevole il lungo assalto
necessario per prendere l'avamposto principale austriaco del Nodic.
Nei pressi del Passo, in corrispondenza dei due odierni Rifugi degli Alpini, fu dislocato il Comando di
Sossotettore IV Bis; da qui partiva verso est la linea arretrata di combattimento (sui crinali del Carone,
Rocchetta, Guil fino a Punta Larici, per chiudersi a lago sul complesso d'artiglieria del Corno di Reamòl. Qui erano dislocate numerose
batterie di artiglieria, in perenne duello con quelle imperiali.
Più avanti, lungo i crinali settentrionali, erano dislocate le posizioni della linea di combattimento, fino agli
avampostioltre il fondovalle.
In corrispondenza del Passo, vista la rilevanza strategica di un valico che avrebbe potuto condurre alle spalle
del fronte lungo la riviera gardesana, venne costituito un potente complesso difensivo dislocato in profondità e
fiancheggiato dalle posizioni di Monte Corno, Cima Tiveign, Cima Bandiera, Monte Traversole: un complesso di
trincee e postazioni di mitragliatrici e artiglieria scaglionato, secondo le dottrine correnti, su più linee
successive di avamposti, trincee e posizioni di rincalzo.
Quest'area fu teatro, sopratutto nei primi mesi di guerra, di continui duelli d'artiglieria, azioni di pattuglie
e operazioni d'assalto volte a consolidare il possesso italiano della fascia fino alla Val di Ledro.
Il settore fu oggetto di almeno una visita del Re Vittorio Emanuele III e vi si trovò a operare, in qualità
di comandante di Batteria, l'allora giovane sottotenente Cesare Maria de Vecchi, poi di Val Cismon, futuro
squadrista, quadrumviro e ministro del governo fascista.
La difesa del passo fu affidata a linee trincerate dislocate in profondità in corrispondenza del valico e
ad avamposti posti sulle vette circostanti (Monte Nota, Monte Corno, Cima Tiveign, Monte Carone), inseriti in
una fronte di postazioni con funzioni di tiro diretto verso la fronte nemica e tiro di fiancheggiamento incrociato
sulle vie di eventuale penetrazione.
Qui una descrizione dettagliata del complesso difensivo, che è
possibile esplorare in autonomia con l'aiuto di una guida tascabile.
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